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Storia dell’energia nucleare

Sistemi di sicurezza nelle centrali

L’obiettivo della sicurezza nucleare è quello di applicare le migliori procedure riconosciute a livello internazionale per quanto riguarda i requisiti per la localizzazione del sito, le modalità di funzionamento dell’impianto, la protezione delle persone e dell’ambiente esterno. La sicurezza deve essere garantita nei confronti di eventi sia interni che esterni all’impianto, nonché nel caso di errori da parte degli operatori dell’impianto medesimo.
Il principio base della sicurezza adottato nel progetto degli impianti nucleari è quello della “Difesa in Profondità”.

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In ogni impianto nucleare vi sono almeno quattro successive barriere interposte fra la sorgente di radioattività (il cosiddetto “nocciolo del reattore”, dove avvengono le reazioni nucleari) e l’ambiente esterno. Partendo dall’esterno, si hanno:

  • l’edificio di contenimento;
  • il circuito di raffreddamento del nocciolo;
  • la guaina in cui è contenuto il combustibile nucleare;
  • il materiale solido che costituisce il combustibile nucleare stesso.

L’edificio di contenimento serve sia per proteggere l’ambiente in caso di incidente con rilascio di prodotti radioattivi, sia per proteggere l’impianto in caso di eventi naturali estremi o di attentati terroristici. Per quanto riguarda gli eventi incidentali interni, l’edificio è in grado di resistere persino alla rottura della seconda barriera, costituita dal circuito di raffreddamento del nocciolo; per quanto concerne gli eventi incidentali esterni, l’edificio è progettato per resistere all’impatto di un aereo di linea, come hanno mostrato diversi test tra cui quello effettuato nel 1988 in un noto laboratorio americano, nel quale un F-4 Phantom è stato lanciato a circa 800 km/h contro una parete che simulava la parete esterna dell’edificio di contenimento. Gli impianti nucleari sono progettati per resistere anche agli eventi sismici più estremi; infatti, il contenitore di sicurezza poggia su un basamento di calcestruzzo di 6 m di spessore, in grado di far fronte anche al peggiore evento sismico mai registrato nella zona in cui è ubicato l’impianto: se si verifica un sisma di minore intensità, l’impianto non subisce danni; se invece il sisma ha un’intensità maggiore, l’impianto si spegne automaticamente. Oltre alle quattro barriere fisiche sopra menzionate, tutti gli impianti nucleari hanno altri sistemi di sicurezza – finalizzati a evitare l’insorgere di incidenti o a contenere i danni da essi provocati – che possono essere di tipo attivo o passivo. I sistemi di sicurezza tradizionali, attivi, richiedono il funzionamento di specifici dispositivi, alimentati elettricamente. L’affidabilità è quindi assicurata dalla ridondanza dei componenti. Al contrario, i sistemi di sicurezza passiva sono azionati da fenomeni fisici, come la gravità, la convezione naturale, che si innescano spontaneamente in presenza di determinate condizioni anche in caso di malfunzionamento. Tali sistemi sono in grado di contenere e di bloccare, sul nascere, le cause di potenziali incidenti senza interventi attivi. Nei reattori GEN III+, come l’EPR e l’AP-1000, si fa abbondante uso di questi sistemi sia attivi che passivi. L’affidabilità di questi impianti è basata sulla ridondanza e sulla diversificazione dei sistemi di sicurezza. Nell’EPR, ad esempio, il circuito di refrigerazione del nocciolo è suddiviso in quattro parti completamente indipendenti e geograficamente separate le une dalle altre, in modo da minimizzare potenziali malfunzionamenti interni o sabotaggi. Inoltre, questi sistemi sono ulteriormente protetti contro l’impatto aereo attraverso un doppio edificio di contenimento in cemento armato spesso oltre 1 metro. L’EPR è anche dotato di un serbatoio, resistente ad altissime temperature, in grado di accogliere il materiale proveniente dalla fusione completa del nocciolo del reattore.

Cosa significa radioattività

Radioattività 2

La radioattività fu scoperta per caso, e per molti decenni restò un fenomeno misterioso. La scoperta delle sue conseguenze sulla salute umana ha alimentato ulteriormente il fascino e il timore reverenziale. Oggi, tuttavia, la nostra comprensione del fenomeno è sostanzialmente totale, e abbiamo sviluppato anche metodi molto efficaci per rilevarlo e misurarlo.

La prima forma di radiazione con la quale l’uomo si è trovato ad avere a che fare è… semplicemente la luce visibile! Essa infatti altro non è che radiazione elettromagnetica, la cui lunghezza d’onda (compresa tra 400 e 700 nm) la rende in grado di impressionare la retina dell’occhio. Altri tipi di radiazione elettromagnetica sono le onde Radio, i raggi infrarossi, i raggi ultravioletti e i raggi X. Questi ultimi, scoperti da Wilhelm Conrad Roentgen nel 1895 sono il primo esempio di radiazione ionizzante, cioè sufficientemente potente da strappare un elettrone ad un atomo, rendendolo chimicamente instabile. Nel 1896, Antoine Henri Becquerel, facendo esperimenti sui raggi X, scoprì la radioattività naturale dell’Uranio; in seguito i coniugi Curie riuscirono ad isolare due ulteriori elementi radioattivi: il Polonio e il Radio. Lo stesso gruppo di ricerca scoprì anche che le radiazioni potevano essere costituite da particelle, oltre che da onde elettromagnetiche, e battezzò “alfa” le particelle con carica positiva, “beta” le particelle con carica negativa e “gamma” le particelle neutre. Rispetto alla fine del diciannovesimo secolo, di passi avanti ne abbiamo fatti parecchi: non distinguiamo più i fenomeni radioattivi solo sulla base della carica della particella emessa, ma anche sulla base del tipo di particella e della sua energia, e abbiamo anche una serie di convincenti spiegazioni teoriche del perché i decadimenti radioattivi avvengono (quasi tutte basate su fenomeni quantistici).

Particelle alfa

Oggi sappiamo che le particelle alfa sono composte da due protoni e due neutroni: sono, in sostanza, nuclei di Elio 4. Si tratta di un modo di decadimento tipico degli elementi più pesanti (come l’Uranio e il Polonio) e vengono emesse dal nucleo originario tramite il cosiddetto “quantum tunneling” – uno degli effetti più bizzarri previsti dalla meccanica quantistica.

Particelle beta

Le particelle beta invece possono essere elettroni (o più raramente altre particelle chiamate positroni), e vengono prodotte quando un neutrone si trasforma in protone (o viceversa); un fenomeno concettualmente simile è quello della cattura elettronica, in cui un elettrone viene invece assorbito da un protone, che si trasforma quindi in un neutrone. In tutti questi processi vengono anche emessi dei neutrini – particelle piccolissime, ma fondamentali per garantire che alcune leggi fisiche vengano rispettate.

Particelle gamma

Le particelle gamma invece sono fotoni (quindi radiazione elettromagnetica) ad alta energia: per la precisione, oggi consideriamo “raggi X” quelli con lunghezze d’onda comprese tra 1 pm e 10 nm, che vengono prodotti dai salti degli elettroni tra un livello energetico e l’altro, e “raggi gamma” quelli con lunghezze d’onda inferiori a 1 pm (quindi con energie ancora maggiori), che vengono prodotti unicamente da reazioni nucleari. Oggi sappiamo inoltre che alcuni elementi possono anche decadere emettendo neutroni (lo fanno ad esempio il Berillio 13 e l’Elio 5) o addirittura protoni (questa tipologia di decadimento è più rara, ma avviene ad esempio nel Cobalto 53).

Fusione nucleare

La fusione nucleare è una reazione nucleare nella quale i nuclei di due o più atomi si uniscono tra loro formando il nucleo di un nuovo elemento chimico.

Perché la fusione sia possibile i nuclei devono essere avvicinati tra loro, impiegando una grande energia per superare la repulsione elettromagnetica. La fusione degli elementi fino ai numeri atomici 26 e 28 (ferro e nichel) è una reazione esotermica, cioè emette energia poiché il nucleo prodotto dalla reazione ha massa minore della somma delle masse dei nuclei reagenti. Per gli atomi con numeri atomici superiori la reazione invece è endotermica, cioè assorbe energia. Alcune reazioni (in primo luogo quelle con una soglia di energia più bassa, come la fusione di deuterio e trizio) determinano il rilascio di uno o più neutroni liberi; questo crea, nella prospettiva dello sfruttamento come fonte di energia, alcuni importanti problemi tecnologici legati alla attivazione neutronica e alla schermatura.

Il processo di fusione di nuclei atomici è il meccanismo alla base delle stelle, rendendo possibile l’emissione di luce e il mantenimento costante delle loro dimensioni impedendone il collasso gravitazionale. La fusione è stata per la prima volta prodotta artificialmente negli anni cinquanta per amplificare la potenza di una bomba atomica: questo tipo di ordigni è stato chiamato bomba H. A partire dagli anni sessanta, sono stati eseguiti molti esperimenti per sfruttare l’energia prodotta dalla fusione, in primis per produrre energia elettrica. I reattori nucleari a fusione sono ancora in corso di progettazione e di costruzione.

Il grosso problema della fusione nucleare, è che i costi di produzione sono purtroppo maggiori all’energia prodotta. Nel 2004 ad esempio, degli scienziati russi, diretti da Krainov, riuscirono a produrre una reazione di fusione nucleare controllata innescata dal confinamento laser, tra protoni (atomi d’idrogeno privi dell’elettrone) e atomi di boro, alla temperatura di 1 miliardo di kelvin, senza emissione di neutroni e particelle radioattive, a esclusione di particelle alfa. Ma l’energia richiesta dal laser supera di molto quella prodotta dalla reazione

E=mc^2

La storia dell’energia nucleare ha inizio con le scoperte sul decadimento radioattivo avvenute nel 1896 da Henri Becquerel e Marie Curie, mentre lavoravano con materiali fosforescenti. Questi materiali, che brillano al buio dopo l’esposizione alla luce, sono molto diversi dai materiali fluorescenti, i quali brillano al buio mentre sono esposti a fonti luminose invisibili ai nostri occhi. Bacquerel sospettava che il bagliore prodotto dai tubi catodici una volta spenti, potesse essere associato alla fosforescenza indotta dalla presenza dei raggi X. Quindi prese vari sali fosforescenti e li avvolse nella carta, dopodiché avvolse il tutto con una lastra fotografica. Tutti i sali non lasciavano un’impronta nella lastra fotografica, eccezion fatta per i sali di uranio. Questi, che non brillavano al buio, provocavano un annerimento della lastra nonostante fossero avvolti nella carta, come se la lastra fosse stata esposta alla luce. Divenne presto chiaro che l’annerimento della lastra non aveva nulla a che fare con la fosforescenza, poiché l’annerimento era prodotto anche dai sali non fosforescenti dell’uranio.

Ulteriori ricerche di Becquerel, Ernest Rutherford, Paul Villard, Pierre Curie, Marie Curie e altri hanno mostrato che questa forma di radioattività era significativamente più complicata rispetto ai raggi X appena scoperti. Rutherford fu il primo a rendersi conto che tutti questi elementi decadono secondo la stessa formula matematica esponenziale e che molti processi di decadimento portavano alla trasmutazione di un elemento in un altro. Successivamente, la legge di spostamento radioattivo di Fajans e Soddy venne formulata per descrivere i prodotti del decadimento alfa e beta.

La scoperta della fissione nucleare avvenne nel 1938 a seguito degli studi di Ernest Rutherford basati sulla teoria della relatività di Albert Einstein. Infatti, fu quest’ultimo a intuire nel 1905, che l’energia e la massa sono due manifestazioni della materia e li equiparò con la famosa formula E=mc2. Subito dopo la scoperta del processo di fissione, ci si è resi conto che un nucleo atomico in fissione può indurre ulteriori fissioni di ulteriori nuclei, generando così una reazione a catena autosufficiente. Una volta che ciò fu confermato sperimentalmente nel 1939, gli scienziati di molti paesi chiesero ai loro governi di sostenere la ricerca sulla fissione nucleare, proprio all’inizio della seconda guerra mondiale, per lo sviluppo di un’arma nucleare.

Fissione nucleare

Il processo usato per produrre energia nucleare è conosciuto come fissione. La fissione nucleare avviene nel momento in cui il nucleo di un atomo viene diviso, e per questo motivo rilascia delle enormi quantità di energia. Questo è proprio ciò che succede all’interno delle centrali nucleari, dove gli atomi vengono costantemente divisi, creando delle reazioni a catena, che permettono di ottenere dei grandi quantitativi energetici per un tempo molto prolungato.

In una centrale a fissione nucleare si utilizza come materia prima l’uranio. I nuclei degli atomi di uranio sono bombardati da un fascio di neutroni ad alta energia. Quando un neutrone impatta sul nucleo dell’atomo di uranio, lo spezza in due nuclei più piccoli. Da questa divisione scaturisce anche energia (calore) e altri neutroni che a loro volta possono dividere altri atomi. Questo processo è noto come reazione a catena nucleare e avviene dentro il reattore nucleare della centrale. Il calore prodotto dalla fissione viene utilizzato per riscaldare l’acqua, creare forza vapore e generare elettricità. Una minima quantità di uranio consente di produrre un’enorme quantità di energia. È uno degli aspetti positivi dell’energia nucleare.

Oltre a generare energia, il processo di fissione del nucleo emette anche radioattività ad alta intensità. Gli oggetti e i metalli che entrano a contatto diventano anch’essi radioattivi e sono detti scorie nucleari. Sono rifiuti pericolosi perché anche l’uomo potrebbe essere contaminato dalla radioattività, con gravi conseguenze per la salute, perché spezzano il DNA degli esseri viventi fino a condurre alla morte. Le scorie nucleari sono uno degli aspetti negativi dell’energia nucleare