
La radioattività fu scoperta per caso, e per molti decenni restò un fenomeno misterioso. La scoperta delle sue conseguenze sulla salute umana ha alimentato ulteriormente il fascino e il timore reverenziale. Oggi, tuttavia, la nostra comprensione del fenomeno è sostanzialmente totale, e abbiamo sviluppato anche metodi molto efficaci per rilevarlo e misurarlo.
La prima forma di radiazione con la quale l’uomo si è trovato ad avere a che fare è… semplicemente la luce visibile! Essa infatti altro non è che radiazione elettromagnetica, la cui lunghezza d’onda (compresa tra 400 e 700 nm) la rende in grado di impressionare la retina dell’occhio. Altri tipi di radiazione elettromagnetica sono le onde Radio, i raggi infrarossi, i raggi ultravioletti e i raggi X. Questi ultimi, scoperti da Wilhelm Conrad Roentgen nel 1895 sono il primo esempio di radiazione ionizzante, cioè sufficientemente potente da strappare un elettrone ad un atomo, rendendolo chimicamente instabile. Nel 1896, Antoine Henri Becquerel, facendo esperimenti sui raggi X, scoprì la radioattività naturale dell’Uranio; in seguito i coniugi Curie riuscirono ad isolare due ulteriori elementi radioattivi: il Polonio e il Radio. Lo stesso gruppo di ricerca scoprì anche che le radiazioni potevano essere costituite da particelle, oltre che da onde elettromagnetiche, e battezzò “alfa” le particelle con carica positiva, “beta” le particelle con carica negativa e “gamma” le particelle neutre. Rispetto alla fine del diciannovesimo secolo, di passi avanti ne abbiamo fatti parecchi: non distinguiamo più i fenomeni radioattivi solo sulla base della carica della particella emessa, ma anche sulla base del tipo di particella e della sua energia, e abbiamo anche una serie di convincenti spiegazioni teoriche del perché i decadimenti radioattivi avvengono (quasi tutte basate su fenomeni quantistici).

Particelle alfa
Oggi sappiamo che le particelle alfa sono composte da due protoni e due neutroni: sono, in sostanza, nuclei di Elio 4. Si tratta di un modo di decadimento tipico degli elementi più pesanti (come l’Uranio e il Polonio) e vengono emesse dal nucleo originario tramite il cosiddetto “quantum tunneling” – uno degli effetti più bizzarri previsti dalla meccanica quantistica.
Particelle beta
Le particelle beta invece possono essere elettroni (o più raramente altre particelle chiamate positroni), e vengono prodotte quando un neutrone si trasforma in protone (o viceversa); un fenomeno concettualmente simile è quello della cattura elettronica, in cui un elettrone viene invece assorbito da un protone, che si trasforma quindi in un neutrone. In tutti questi processi vengono anche emessi dei neutrini – particelle piccolissime, ma fondamentali per garantire che alcune leggi fisiche vengano rispettate.
Particelle gamma
Le particelle gamma invece sono fotoni (quindi radiazione elettromagnetica) ad alta energia: per la precisione, oggi consideriamo “raggi X” quelli con lunghezze d’onda comprese tra 1 pm e 10 nm, che vengono prodotti dai salti degli elettroni tra un livello energetico e l’altro, e “raggi gamma” quelli con lunghezze d’onda inferiori a 1 pm (quindi con energie ancora maggiori), che vengono prodotti unicamente da reazioni nucleari. Oggi sappiamo inoltre che alcuni elementi possono anche decadere emettendo neutroni (lo fanno ad esempio il Berillio 13 e l’Elio 5) o addirittura protoni (questa tipologia di decadimento è più rara, ma avviene ad esempio nel Cobalto 53).