Alla generazione I appartengono i primi prototipi di reattore costruiti a cavallo tra gli anni 40 e 50 principalmente con lo scopo di dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica di un impianto nucleare per la produzione di energia elettrica. Il primo reattore nucleare della storia (Chicago-Pile 1) divenne critico alle 15:25 del 2 dicembre 1942, nei laboratori dell’Università di Chicago. “Critico” non significa che se ne perse il controllo, ma l’esatto contrario: la “criticità” è la condizione in cui la reazione a catena di fissioni nucleari è in grado di autosostenersi. La Chicago-Pile 1 era costituita da blocchi di grafite purissima tra i quali erano inseriti cilindri di uranio naturale, per un totale di 56 tonnellate. Il reattore sviluppò una potenza di appena mezzo Watt e non era dotato né di un sistema di raffreddamento né di uno scudo anti-radiazioni (con una potenza così bassa queste misure di sicurezza non vennero ritenute necessarie). A rimuovere le barre di controllo dando inizio alla prima reazione a catena artificiale fu un italiano, Enrico Fermi.

L’esperimento avvenne nell’ambito del progetto Manhattan, i cui scopi erano prettamente militari, ma al termine della guerra si iniziò a studiare anche la possibilità di sfruttare la fissione nucleare per produrre elettricità. I primi reattori commerciali entrarono in funzione negli anni ‘50 e ‘60, con design molto diversi tra di loro: il reattore di Shippingport (1957-1982), ad esempio, era moderato e raffreddato ad acqua pressurizzata; Dresden-1 invece era un reattore ad acqua bollente (1960-1978); il reattore Fermi-1, sul lago Erie, fu il primo prototipo di reattore refrigerato con sodio fuso, ma operò solo per quattro anni (1963-1966). In Inghilterra si diffusero i reattori a gas-grafite, detti MAGNOX: il primo, quello di Calder Hall, operò dal 1956 al 2003; l’ultimo, quello di Wylfa, è stato spento nel 2012, segnando la fine della prima generazione. I reattori di prima generazione erano poco efficienti e nella maggior parte dei casi ebbero una vita operativa breve, ma erano per lo più “proof of concept”: servivano, cioè, a dimostrare che il design fosse funzionale.