La quarta generazione di reattori nucleari promette di essere quella che davvero rivoluzionerà l’industria. Alcuni progetti in realtà sono nati diversi decenni fa, ma sono stati inizialmente accantonati perché le tecnologie dell’epoca non erano adatte o perché, dopo Chernobyl, la ricerca si è concentrata sull’aspetto della sicurezza, tralasciando il resto. Su cosa si basa la quarta generazione? Essenzialmente, sul rendere il nucleare più flessibile e adatto a esigenze diverse e complementari alla generazione di elettricità. Ad esempio, uno dei filoni di ricerca della quarta generazione sono i reattori ad altissima temperatura (moderati a grafite e refrigerati a elio), che sono in grado di produrre idrogeno sfruttando solamente il calore di scarto; altri filoni di ricerca puntano al riciclaggio delle scorie nucleari e quindi alla chiusura del ciclo combustibile: appartengono a questa categoria i reattori refrigerati con metalli liquidi (principalmente sodio, ma anche piombo); vi sono poi i reattori a sali fusi, che a seconda della composizione chimica del refrigerante possono comportarsi come reattori veloci (quindi in grado di bruciare le scorie nucleari) o come reattori ad altissima temperatura (quindi in grado di generare calore di scarto utile per processi industriali).

In generale, la quarta generazione punta all’abbandono dell’acqua come refrigerante, in favore di fluidi che consentano di operare a temperature più alte (quindi con rendimenti più alti) e a pressioni più basse, con combustibile riciclato e con composizioni chimiche del combustibile più efficienti (nitruri o carburi di uranio e plutonio invece dei tradizionali ossidi).
Alcuni design di quarta generazione prevedono anche la possibilità di stoccare l’eccesso di energia nei momenti di bassa domanda per poter seguire meglio il carico di rete elettrica, mentre altri ancora (ma qui la ricerca è più indietro) puntano a sfruttare il torio invece dell’uranio come combustibile. Vi sono già diversi prototipi attivi di reattori di quarta generazione e altri saranno accesi nei prossimi anni: la diffusione commerciale, tuttavia, non è prevista prima degli anni ‘30.