
A partire dalla seconda metà degli anni ‘60, le potenzialità della fissione nucleare divennero chiare alla maggior parte delle potenze mondiali. Fino a metà degli anni ‘80, il nucleare visse un’epoca d’oro, in cui vennero costruiti la maggior parte dei reattori operativi ancora oggi. Ebbene sì: pensate che i reattori di seconda generazione sono stati inizialmente pensati per funzionare per 40 anni, ma molti di essi hanno ricevuto o stanno ricevendo estensioni della loro vita operativa dal momento che si trovano ancora in condizioni ottimali; la vita di alcuni reattori è stata estesa addirittura fino a 80 anni, al termine di alcuni lavori di ammodernamento che includono la sostituzione dei generatori di vapore e, in alcuni casi, la ricottura del contenitore del nocciolo per eliminare i difetti di infragilimento causati dal continuo bombardamento neutronico durante l’operatività. Tutto questo certifica che quando un lavoro viene fatto a regola d’arte non solo si mantiene sicuro e operativo, ma il suo ciclo vitale può anche durare molto più del previsto. Un ulteriore impulso venne dalla crisi petrolifera del ‘73, causata dalla guerra del Kippur (tra Egitto, Siria e Israele), che spinse molti Stati a cercare di differenziare la produzione di energia per non essere troppo dipendenti dal petrolio arabo. I design più diffusi della seconda generazione furono quelli ad acqua pressurizzata e quelli ad acqua bollente: nei primi, l’acqua del circuito di raffreddamento primario è mantenuta liquida grazie all’altissima pressione, ed è l’acqua del circuito secondario a trasformarsi in vapore e a far girare la turbina; nei secondi, invece, l’acqua del circuito primario va in ebollizione e il vapore va in turbina direttamente. I reattori ad acqua bollente sono più semplici da costruire, ma il fatto di avere sia acqua che vapore nel circuito primario rende più complicata l’operatività. Oltre a queste due tipologie di reattori, vennero sviluppati tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 anche i CANDU (reattori raffreddati e moderati ad acqua pesante, tuttora largamente utilizzati in Canada), gli AGR (evoluzione dei reattori MAGNOX con raffreddamento a gas) e gli RBMK sovietici. Questi ultimi, nati negli anni ‘60, erano degli autentici mostri di efficienza ed economia: erano in grado di sostituire il combustibile senza spegnersi, operavano a bassa pressione e il design era scalabile praticamente a qualunque livello di potenza, tanto che vennero progettati modelli da 3600 MW (oggi i reattori più potenti arrivano a 1750 MW, poco meno della metà) e addirittura si ipotizzarono moduli da 2400 MW assemblabili in serie, per raggiungere potenze ancora superiori. Purtroppo, gli RBMK presentavano diverse problematiche sotto il profilo della sicurezza, come ebbero modo di scoprire gli operatori del reattore IV della centrale di Chernobyl il 26 aprile 1986.